Parallelamente al massiccio avvento dei social media, si è tristemente osservato l’aumento esponenziale dei disturbi d’ansia, depressivi e del comportamento dei giovani sotto i 18 anni. Le cronache, anche in Trentino, riportano la drammatica crescita delle varie forme di disagio che colpiscono i giovani. Abbiamo ricostruito le criticità per le famiglie e per i professionisti elaborando alcune proposte per rivedere il modello organizzativo.
Basti pensare che al giorno d’oggi è “normale” attendere fino a un anno dalla segnalazione del pediatra per ottenere una visita dal neuropsichiatra con il rischio concreto che il disturbo si cronicizzi.
I disturbi psichiatrici in età evolutiva sono raddoppiati tra il 2010 e il 2019 e la pandemia ha ulteriormente aggravato il quadro: oggi 1 bambino su 5 presenta un disturbo d’ansia e 1 adolescente su 7 ha un disturbo psichiatrico diagnosticato. I suicidi sono la seconda causa di morte sotto i 25 anni e sono triplicati tra il 1999 e il 2017. I dati del Centro Anti Veleni nazionale di Pavia indicano un raddoppio di casi di assunzione di sostanze/intossicazioni a scopo suicidario tra 10 e 19 anni. Anche i disturbi del comportamento, con agiti aggressivi verso gli altri, stanno aumentando in modo drammatico, con ricorso all’intervento sanitario in urgenza sempre più frequente da parte di famiglie e scuole.
Sono i figli del nostro tempo che scontano anche le conseguenze di una genitorialità fragile. Il 50% dei disturbi psichici inizia ben prima dei 14 anni, ma il fatto che la maggior parte dei minori che hanno ricevuto una diagnosi psichiatrica avessero mostrato disturbi neuropsichici prima degli 11 anni attesta che è necessario intervenire sulle modalità con cui si affronta il problema per prevenire i rischi che ogni soggetto affetto da tali disturbi divenga un antisociale, con corrispondente esplosione anche dei costi sociali. Si tenga conto che per almeno il 30% dei casi di ADHD l’attivazione di una rete di supporto tra famiglia e operatori renderebbe inutili i farmaci.
Già nel 2013 il Piano di Azioni nazionale per la Salute mentale (PANSM 2013) oggetto di accordo in Conferenza Stato – Regioni indicava la necessità urgente di risposte appropriate nell’area della salute mentale in età evolutiva. Ed effettivamente le problematiche di natura lieve – moderata, anche in Provincia di Trento, hanno visto l’attivazione di servizi dedicati agli adolescenti (bonus psicologo, presenza estesa di psicologi a scuola), oltre al Servizio Psicologia dell’APSS.
Le condizioni di patologia psichiatrica medio – grave in età evolutiva invece presentano importanti criticità. Perché l’intervento di cura risulti appropriato occorrono attenzioni tecniche specifiche che prevedono luoghi, modi e organizzazioni di trattamento appropriate, figure di diversa professionalità, altamente specializzate e in grado di collaborare in un’equipe multidisciplinare con la presenza di- medici neuropsichiatri infantili- psicologi, psicoterapeuti specializzati in età evolutiva- tecnici della riabilitazione psichiatrica- infermieri specializzati- educatori con specifica formazione sull’età evolutiva- assistenti sociali, realtà che in Trentino non esiste ancora.
Si consideri anche che l’organizzazione della Neuropsichiatria infantile dell’APSS non vede la presenza dello psicologo e che il Servizio di Psicologia non prende in carico l’età prescolare; si aggiunga che i pediatri di libera scelta non sono coinvolti in percorsi strutturati di collaborazione con i servizi di NPI, nonostante siano i primi a poter intercettare eventuali situazioni di disagio. Ancora nel 2017 l’Autorità Garante per l’infanzia e l’adolescenza aveva evidenziato l’insufficiente comunicazione ed integrazione tra operatori dello stesso ambito territoriale, oltre alla carenza di servizi e strutture dedicate. Anche per questo regioni e province (Alto Adige, Veneto, Lombardia per citare solo i nostri vicini) hanno riorganizzato i servizi sulla base dello schema multidisciplinare sopra richiamato. L’impianto delle equipe multidisciplinare aiuta anche a rispondere alla carenza di medici. In molti casi oggi il lavoro del neuropsichiatra infantile è sovrapponibile a quello dello psicologo, figure reperibili con molta più facilità. Il team permette di concentrare l’impegno dei neuropsichiatri infantili sui casi in cui questo è effettivamente necessario. In Provincia di Trento invece il modello è ancora quello degli anni '80, basato su 9 sedi territoriali e su 5 ospedaliere, con 10 medici in servizio presso le prime e 5 nelle seconde 2su cui, in mancanza dell’approccio multidisciplinare, grava tutto il carico di lavoro e responsabilità. Sul territorio la presenza del medico non è garantita per tutte le sedi e in alcune lo è per un tempo parziale. La struttura organizzativa risulta anacronistica rispetto all’incremento esponenziale sia delle problematiche relative al neurosviluppo sia a quelle legate alla psicopatologia dell’età preadolescenziale e adolescenziale: all’interno del team di servizio non sono infatti presenti psicologi, educatori e assistenti sociali. In ospedale, in risposta all’aumento degli accessi, da un anno si è attivata una turnazione settimanale dei neuropsichiatri infantili delle sedi territoriali. Ciò ha comportato una corrispondente riduzione del servizio territoriale quantificabile in tre mesi/anno con conseguente aumento dei tempi di attesa per le visite. Si consideri che oggi è normale attendere fino ad 1 anno dalla segnalazione del pediatra per ottenere una visita NPI, con il rischio concreto che nel frattempo il disturbo si cronicizzi. Su Trento, dopo un tentativo di suicidio, l’attesa media è di 6 mesi per la prima visita. Anche in ospedale non ci sono team integrati e dedicati all’età evolutiva ad eccezione del Servizio Multidisciplinare Adolescenza Complessa (SMAC) attivo sulla sede di Trento con 1 medico neuropsichiatra infantile a tempo parziale (sottratto al servizio territoriale), 2 psicologi a tempo parziale e 2 terp a tempo parziale. Il nucleo SMAC si attiva dopo la prima valutazione dei servizi territoriali anche se ha da poco iniziato ad intervenire anche sulle situazioni gravi e non note che arrivano al Pronto Soccorso di Trento. E’ ovviamente in grado di far fronte ad una ristretta fetta di richieste, anticipando i casi gravi a scapito degli altri, con il rischio di cronicizzazione per questi ultimi, come sopra già evidenziato. Anche le strutture esistenti non sono più adeguate. In caso di necessità di ricovero:- al di sotto dei 14 anni c’è il reparto di Pediatria del S. Chiara con 3 posti letto tecnici in un ambiente evidentemente inidoneo per i casi psichiatrici gravi e l’assenza di equipe multiprofessionale specializzata;- sopra i 16 anni c’è il ricovero presso il reparto psichiatrico per adulti;- pazienti agitati o tra i 14 e i 16 anni non hanno percorsi di ricovero definiti. Il Centro crisi di Arco, di cui si attende l’attivazione e che si è idealizzato come soluzione a tutte le problematiche, presenta importanti limiti:- pochi posti letto e per un tempo limitato che comporteranno comunque la chiusura del reparto ospedaliero e la soppressione di 16 posti letto;- struttura decentrata, non ospedaliera, in cui verrà inviato il paziente giunto in Pronto Soccorso e quindi già accolto e stabilizzato in altra struttura; 3- si occuperà di una fase della presa in carico del paziente che poi andrà proseguita dai servizi territoriali. Non sono (e non saranno) presenti strutture intermedie a carattere semiresidenziale come i centri diurni dedicati alla patologia psichiatrica in età evolutiva.
Onda ha quindi impegnato il Consiglio provinciale ad avviare un confronto con i medici neuropsichiatri infantili in servizio presso le sedi territoriali e ospedaliere per aggiornare le modalità organizzative e operative rispetto al mutato contesto, prevedendo l’integrazione e l’interazione di altre figure come assistenti sociali, educatori specializzati e psicologi; nonché a prevedere specifiche azioni formative per i pediatri di libera scelta che assicurino la capacità di intercettare il disagio fin dai primi segnali.
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